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Investimenti in start up, le nuove agevolazioni a rischio disapplicazione

By 16/01/2020 No Comments
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16
Jan

Investimenti in start up, le nuove agevolazioni a rischio disapplicazione

La legge di Bilancio 2019 (legge 30 dicembre 2018, n. 145) ha previsto all’articolo 1,
comma 218, due importanti misure volte ad aumentare le agevolazioni fiscali spettanti a
persone fisiche e giuridiche per gli investimenti in start-up innovative. La disposizione,
infatti, solo per l’anno 2019, ha incrementato dal 30 al 40 per cento le aliquote delle
detrazioni e delle deduzioni già previste dall’articolo 29 del decreto legge 18 ottobre 2012,
n. 179 (come modificato dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221), ed ha, inoltre, esteso le
predette agevolazioni dal 30 al 50 per cento nei casi di acquisizione dell’intero capitale
sociale di start-up innovative.
Affinché si possa beneficiare dell’agevolazione del 50 per cento, l’acquisizione dovrà
avvenire da parte di soggetti passivi dell’imposta sul reddito delle società, diversi da
imprese start-up innovative, e a condizione che l’intero capitale sociale sia acquisito e
mantenuto per almeno tre anni.
Nonostante lo spirito della modifica normativa sia da accogliere positivamente, sono
numerose le difficoltà che derivano dalla concreta applicazione della nuova agevolazione.
L’intervento ha infatti inteso estendere delle misure originariamente previste dal decreto
legge n. 179 (miranti a rafforzare la crescita e la propensione all’investimento in start up
innovative) ad una fattispecie diametralmente opposta, ossia all’acquisto di partecipazioni
totalitarie di start up innovative.
Il sistema applicativo e interpretativo che si è formato negli anni rispetto alle originarie
agevolazioni mal si concilia pertanto con la semplicistica e quantomai criptica estensione
voluta dalla recente manovra.
La prima sostanziale differenza tra le due fattispecie può essere individuata specificamente
nella individuazione dell’investimento agevolato. Conformemente all’articolo 3 del
decreto attuativo 30 gennaio 2014, le originarie agevolazioni si applicano esclusivamente
ai conferimenti in denaro iscritti alla voce del capitale sociale e della riserva sovrapprezzo,
effettuati sia in sede di costituzione della start-up innovativa sia in sede di aumento del
capitale sociale di una start-up già costituita.
La norma estensiva sembra al contempo far riferimento ai «casi di acquisizione dell’intero
capitale sociale di start-up innovative», quale condizione necessaria per accedere al
beneficio, salvo poi rinviare alle “predette aliquote” per le modalità di determinazione
dell’agevolazione. Tuttavia, un’interpretazione coerente con la finalità della norma, ossia
favorire le exit delle start up e la loro crescita in aziende innovative strutturate, parrebbe
indirizzare verso una quantificazione del beneficio legata al costo sostenuto per l’acquisto
dei titoli, anziché alle originarie previsioni del decreto attuativo.
Un’ulteriore fonte di incertezza interpretativa riguarda la possibile compatibilità delle due
diverse agevolazioni sia in termini qualitativi che quantitativi. Per quanto concerne il
primo aspetto, nel silenzio della disposizione, parrebbe verosimile il cumulo delle
agevolazioni in capo a soggetti diversi (soci originari e acquirenti nuovi investitori) per la
stessa start up e immissione di capitale, laddove non si verifichino cause che determinino
la decadenza in capo ai singoli soggetti.
Sotto il profilo quantitativo, nonostante per i soggetti Ires l’investimento massimo
deducibile per le agevolazioni “originarie” non possa eccedere, in ciascun periodo
d’imposta, l’importo di 1,8 milioni di euro, il limite in questione dovrebbe essere
considerato cumulabile e separato per le diverse agevolazioni, avendo le stesse, come
visto, finalità e applicazioni diverse. In riferimento al limite dell’agevolazione (nonché alla
sua stessa quantificazione) sarà, inoltre, opportuno chiarire come lo stesso debba essere
interpretato in relazione alle operazioni di acquisizione di partecipazioni dilazionate in
esercizi diversi, considerando che il suddetto limite ha un tetto massimo annuale mentre
l’agevolazione si realizza esclusivamente con il raggiungimento della partecipazione
totalitaria.
Sembrano, infine, pienamente compatibili anche per le nuove agevolazioni, le cause di
decadenza previste dall’articolo 29, commi 3 e 5 del decreto legge n. 179 e dall’articolo 6
del decreto attuativo, vale a dire la cessione delle partecipazioni, il recesso o l’esclusione
degli investitori e la perdita, da parte della società, di uno dei requisiti richiesti per la
qualifica di start-up innovativa. Dubbi, invece, potrebbero emergere rispetto alla
previsione della lettera lettera b) del comma 1 dell’articolo 6 del decreto attuativo, secondo
cui costituisce causa di decadenza «la riduzione di capitale nonché la ripartizione di riserve
o altri fondi costituiti con sovrapprezzi di emissione delle azioni o quote delle start-up
innovative» intervenute prima del decorso del periodo minimo stabilito.
Come in precedenza specificato, la normativa originaria ha il fine di agevolare gli
investimenti in start-up innovative, effettuati mediante l’immissione di nuovi capitali, che
costituiscono un effettivo incremento del capitale sociale. La finalità, chiaramente
antielusiva, del precetto contenuto nella citata lettera b) cui riconnettere la decadenza dai
benefici – come precisato nella relazione illustrativa al decreto attuativo – deriva dalla
necessità di scongiurare incrementi di capitale fittizi, realizzati al solo fine di fruire delle
agevolazioni e mal si coordinerebbe con la “nuova” agevolazione.
Al contempo si è appurato che la ratio della stessa risieda nella volontà di agevolare la
circolazione delle partecipazioni di start-up innovative, consentendo all’acquirente di
beneficiare di un regime fiscale di maggior favore rispetto a quello ordinario. Sarebbe
pertanto auspicabile prevedere specifiche cause di decadenza volte a limitare una
strumentalizzazione della norma. Si pensi, ad esempio, a fattispecie elusive, in cui la
cessione delle partecipazioni avvenga nel contesto di operazioni, che non configurano una
effettiva circolazione delle partecipazioni societarie (come nel caso in cui gli stessi soci
della partecipata, oggetto di cessione, cedano le partecipazioni ad una società da loro stessi
partecipati).
Posto per vero quanto appena detto, non sarebbe irreale ipotizzare che in alcune situazioni,
pur non configurandosi un effettivo e sostanziale trasferimento delle partecipazioni dalla
sfera economica di uno o più soggetti a soggetti diversi, l’operazione possa essere tutt’altro
che priva di sostanza economica: una merger leveraged buy out effettuata ad esempio al
fine di incentivare la monetizzazione della quota di equity detenuta da soci di minoranza di
start-up innovative (quali, ad esempio, gli investitori di equity crowdfunding) al termine
del proprio piano di investimento.
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